Sport
Sassano ed il Calcio
Ciò che ha unito nel corso degli anni le diverse generazioni della nostra gente sono anche i ricordi, gli “amarcord” legati al gioco del pallone: dal terreno di gioco polveroso alle domeniche dei “derby” dei poveri, dalle esaltanti vittorie alle brucianti sconfitte. Le immagini, così, si susseguono incalzanti, si alternano e rivivono nella mente di chi, come noi, ha dedicato parte della sua gioventù a questo meraviglioso sport.
Questa nostra ricerca è un doveroso omaggio alla memoria, ad un periodo così diverso da quello attuale, così pieno d’entusiasmo e di sola pura passione. Esso è dedicato a quanti si sono prodigati perchè a Sassano il calcio potesse nascere e continuare ad esistere, “pionieri” disinteressati che tanto hanno contribuito all’educazione ai valori dello sport e della vita, a quanti, nel leggere queste pagine che riassumono anni di storie minime ma indimenticabili, potranno identificarsi ed affermare con orgoglio velato da mestizia: “Io c’ero”.
Naturalmente non abbiamo la pretesa di essere precisi nella nostra ricostruzione in quanto non esistono documenti scritti da cui attingere dati più fedeli, ma tutto ciò che sappiamo ci è stato raccontato oralmente da alcuni dei protagonisti dei vari periodi di cui ci occuperemo. Il punto di partenza da cui non si può prescindere per risalire alle prime vere partite di calcio è la costruzione del campo sportivo nel luogo ove tuttora è situato. Negli anni 1933-34 due imprese (Baldi e Cedonia) che stavano effettuando i lavori di bonifica e di scavo del Lagno Regio, d’intesa con l’amministrazione dell’epoca, e utilizzando il materiale di risulta dei lavori di scavo, livellarono un terreno alla periferia del nucleo abitativo di Sassano: quel terreno, che apparteneva alla famiglia Borgia, era poco curato, pieno di sterpaglie e di materiale di rifiuto, tanto da divenire con il tempo una sorta di discarica pubblica.
Con questo lavoro le ditte resero un duplice beneficio al nostro Comune: bonificarono quei terreni inutilizzabili e, nello stesso tempo, fornirono a tutta la cittadinanza un rudimentale campo di calcio. Dipendente di una di queste ditte era un certo Arredi, il quale da esperto calciatore avviò i giovani di allora a questo nuovo gioco insegnando loro i fondamentali e le regole di base per poter disputare una partita. Così, sull’onda dell’entusiasmo per la vittoria dell’Italia ai Campionati del Mondo del 1934, cominciò a diffondersi sempre più la passione per questo sport. Per meglio comprendere il calcio di quel periodo bisogna fare delle doverose premesse.
Innanzitutto parlare di schemi o di tatticismi, di metodo o di sistema è pura utopia, perchè l’unico modo di giocare conosciuto era quello di seguire il proprio istinto, che portava tutti, escluso il portiere, a correre dietro la palla; in secondo luogo, non esistendo campionati regolari, le partite erano delle semplici ma accesissime sfide amichevoli tra i vari rioni e tra paesi limitrofi, quali Buonabitacolo, Auletta, Padula, Polla e S. Arsenio, gli unici al quel tempo con uno spazio adibito a campo sportivo. Inoltre non esistevano allora nè divise, nè scarpette, cosa che costringeva tutti ad arrangiarsi utilizzando i propri indumenti. Spesso, risultava un problema notevole spostarsi per le trasferte, visti gli scarsi mezzi di cui si disponeva (biciclette e il “traino” di Zi Cono Boccia).
Un episodio curioso e sintomatico del malessere economico di quel periodo è questo: le porte del campo vennero costruite dai giovani calciatori con dei pali sottratti alla «Società Lucana», fornitrice dell’energia elettrica a Sassano. Tra i «pionieri» del calcio del periodo anteguerra ricordiamo i portieri Zozzaro Giuseppe (deceduto in guerra), Poppiti Antonio che abitava a Sala Consilina, ma giocava spesso nel Sassano, e Salluzzi Paolo; i difensori Iovin Giuseppe (famoso perchè giocava senza scarpe), Pinto Giuseppe e Benvenga Pasquale; gli attaccanti D’Alessio Pasquale, Zozzaro Pasquale, Rubino Michele e Fornino Nicola. Si giunse, così, alla parentesi oscura della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale le uniche attività che si’ svolgevano nello stadio erano le saltuarie esercitazioni di regime.
Con la fine della guerra ed il ritorno dei reduci e dei prigionieri intorno al 1946 si riaccende, di pari passo con la lenta ripresa della Nazione, l’entusiasmo per il calcio. Due righe a parte, a questo punto, vorremmo dedicare ad un personaggio che, per più di un ventennio (dal 1946 alla fine degli anni 60), è stato il vero «factotum» del calcio sassanese: Giovanni Riccio, detto «u’ capitano». Egli, infatti, fungeva da giocatore, da allenatore, da dirigente e, addirittura, si dedicava alla confezione dei primi palloni di «corazza» con i rimasugli di cuoio,usato nel suo lavoro di calzolaio. Uno degli episodi che meglio riflette le sue qualità manageriali avvenne nella estate del ‘47, quando per contrastare la squadra dell’Auletta rinforzatasi con alcuni elementi della Battipagliese e dell’Ebolitana, il «capitano» si recò a Salerno per contattare tre calciatori della Salernitana, neoretrocessa dalla serie A e, precisamente, il portiere titolare Fucillo, il difensore Vicinanza e 1’ attaccante Onorato, il quale segnò una rete da centrocampo, contribuendo in maniera determinante alla sonora vittoria (3-1) contro gli Aulettesi.
Come compenso per le loro prestazioni essi ricevettero alcuni chili di farina e di fagioli, cioè il massimo che ci si poteva permettere. Ancora il «capitano», nel ‘55, in una delle tante sfide casalinghe con il S. Arsenio ebbe l’abilità di far vestire la maglia del Sassano al giovanissimo e famoso Rambone, che è stato giocatore e allenatore del Napoli, allora tesserato nelle file del C. R. A. L. Cirio (serie C), il quale segnò tre gol e ridicolizzò Garamonte, conosciuto da tutti come uno dei più forti difensori del Vallo di Diano. Per tutta questa attività svolta con passione, sacrificio e competenza, poichè egli non ha ricevuto sufficienti riconoscimenti, noi, da queste pagine, sentiamo il dovere di rivolgergli un affettuoso «Grazie capitano». Un altro personaggio, sconosciuto ai più, ma che contribuì notevolmente alla diffusione del calcio, fu un sinistrato di guerra di nome Alfieri, residente a Sassano negli anni 1947-48, che pur avendo una protesi di legno alla gamba, dimostrò ottime doti di portiere e di allenatore.
Purtroppo, nella storia del nostro calcio, troviamo nel 1947 anche un episodio tragico: in un incontro con il S. Arsenio un giovane attaccante della squadra ospite, senza subire il benchè minimo fallo, si accasciò al suolo stroncato da un presunto arresto cardiaco; nonostante il veloce trasporto nell’ambulatorio medico del Dottor Stoduto Adelino, ogni tentativo risultò vano, in quanto la morte fu istantanea. La prima associazione sportiva (non una vera società, in quanto ancora non si disputavano campionati) fu costituita nel 1953. Aveva come sede un locale in via Regina Margherita e come presidente onorario De Lisa Luigi, cittadino sassanese emigrato in America, il quale donò alla squadra alcuni palloni e la prima divisa completa, i cui colori erano l’azzurro e il bianco del Napoli. Fra i protagonisti dei primi anni ‘50 si ricordano i portieri Francesco e Luigi De Lisa, i difensori Antonio e Michele Ramondini, Calabrò Giovanni, il mediano Giuseppe Cappa, l’attaccante Zozzaro Rocco, ed altri. In questo periodo il calcio fu praticato non certo dalla massa, come avviene oggi, ma da un ristretto numero di persone e, spesso, poche famiglie concorrevano a formare un’intera squadra. A tal riguardo si ricordano i fratelli Cardamone ed Abbruzzese ( «i Maik »). Si continuò in maniera dilettantistica fino al 1963, anno in cui, sotto la presidenza dell’insegnante Gianni Calabrò, fu fondata la U. S. Sassanese con regolare iscrizione al torneo di III categoria e affiliazione alla Federazione Italiana Giuoco Calcio.
In quell’anno, dimostrando una certa lungimiranza, comparve sulla divisa sociale la scritta pubblicitaria “Amaro Penna”, uno dei primi esempi di sponsorizzazione di un prodotto locale. Sempre all’era Calabrò (1965) è dovuta la recinzione metallica dello stadio S. Giovanni, alla cui realizzazione pratica partecipò personalmente il presidente e la squadra tutta. Per mancanza di fondi furono usati addirittura i tubi residui dell’acquedotto che in quegli anni era in via di completamento. Per mettere in risalto, ancora una volta, la passione che animava i dirigenti di quell’epoca si ricorda un episodio avvenuto nel 1965: il presidente, in una domenica di maggio, subito dopo la nascita della secondogenita, trovò il modo per correre sul campo della Pollese in tempo per assistere, purtroppo per lui, al quarto gol che la squadra locale rifilava al colpevole portiere sassanese. Bastò questo pesante punteggio sfavorevole a tramutare la gioia per la nascita della figlia in profonda amarezza, vista anche la grossa rivalità sportiva che divideva le due tifoserie.
Impegni familiari e di lavoro consigliarono al presidente Calabrò di passare la mano e cedere gratuitamente la società ed il parco giocatori a Di Brizzi Giovan Battista, che ne divenne presidente nel 1965. Di Brizzi, dopo un pò di tempo vissuto al timone della squadra da solo, cedette sempre gratuitamente le azioni societarie al ragioniere De Luca, pur restando egli stesso nel gruppo dirigenziale come vicepresidente. Comincia, intanto, a fare le sue prime apparizioni da titolare quello che ben presto diventerà il talento più luminoso del calcio sassanese: Giuseppe Bruscolotti. In campo dimostrò subito doti fisiche e tecniche nettamente superiori alla media tanto da essere notato da molte società che andavano per la maggiore.
Il presidente De Luca, dopo un paio di annate ad alto livello, lo cedette nel 1968 alla Pollese, militante nel campionato di promozione, ottenendone in cambio un gruppo di giocatori del Salernitano di buon livello e una cena per quattro persone. Fu questo uno scambio fortunato sia per Bruscolotti, che sfruttò i due anni di Pollese come trampolino di lancio per il gran salto che lo avrebbe portato al Sorrento in serie C e poi al Napoli, sia per l’U. S. Sassanese, che, grazie anche al contributo di questi calciatori forestieri, riuscì nel 1968-69 ad ottenere la sospirata promozione in I categoria.
Tutti gli appassionati di calcio ricorderanno la festa organizzata dopo l’ultima partita casalinga, vinta per 1-0, in uno stadio gremito di spettatori con tanto di banda cittadina e rinfresco in onore dei protagonisti. Sono rimasti impressi nella memoria i nomi di Marinai, portiere agile come un gatto, dei fratelli Grillo, di Caravana, regista con qualche chilo in più, ma pieno di fosforo, di Torresi, libero classico ed elegante di Padula, del super bomber Paolini, del gigantesco leader e trascinatore Nicola Di Novella, del velocissimo difensore Cardamone Alessandro e delle ali guizzanti Orlando Rosario e D’Alessio Antonio. Un altro merito da attribuire alla onerosa gestione De Luca è la costruzione del muro di cinta per rendere più efficiente e funzionale l’impianto sportivo.
Un commento, a margine della cronaca, che ci viene spontaneo fare a questo punto, è la maggiore carica di entusiasmo e di genuina passione che animava i dirigenti, i calciatori, e, soprattutto, i tifosi di quel periodo, i quali affollavano sempre più numerosi il recinto di gioco e partecipavano attivamente e con colorato folklore agli avvenimenti sportivi. Magari uno dei motivi di questo fenomeno può essere ricercato nei numerosi svaghi alternativi e nelle più cospicue possibilità economiche che ci offre la società moderna, permettendo ai giovani d’oggi di poter scegliere più liberamente il modo di impiegare il tempo libero, ma quanta nostalgia, a sentire i racconti di coloro che hanno vissuto quei tempi, per quei momenti di vera aggregazione popolare, momenti di solidarietà in cui ci si dimenticava di problemi e beghe personali per tifare e divertirsi sotto un’unica bandiera. Si arriva, così, agli anni ‘70 che registrano l’abbandono del rag. De Luca e il ritorno alla presidenza di Giovan Battista Di Brizzi, il quale, come primo atto ufficiale, cambia il nome della società da U. S. Sassanese in Pro Sassano e fornisce, a sue spese, lo stadio di spogliatoi più funzionali, dell’impianto elettrico e di un pozzo. Nei primi anni ‘70 fu organizzata una festa con relativa premiazione, nello stadio S. Giovanni, in onore di Bruscolotti per la sua splendida e fulminea carriera, con la disputa di un incontro amichevole tra la Pro Sassano e una selezione mista comprendente anche il festeggiato. Di Brizzi ebbe anche il merito di creare un settore giovanile che affidò alla guida prima di Nicola Di Novella e poi del prof. Cavallone Giuseppe e di D’Alessandro Gianfranco, gettando le basi per la costruzione delle squadre del futuro e dando, così, la possibilità a qualche giovane talento di emergere.
Un altro successo del vivaio sassanese lo si può registrare nel 1972 quando il giovane stopper Cammarano Giovanni fu ceduto alla Salernitana in serie C, dove disputò una serie di brillanti campionati, trasferendosi, poi, al Potenza. Uno dei tanti aneddoti che si raccontano della gestione Di Brizzi, specchio fedele del clima scanzonato di allora, è questo: nelle lunghe trasferte domenicali si partiva di mattina per non arrivare trafelati e disturbati dal viaggio; naturalmente bisognava fermarsi in qualche posto per mangiare e, visti i tempi, ci si accontentava delle abbondanti «‘m poste» ripiene di carne arrostita e cotolette preparate in mattinata dalla moglie del presidente. Evidentemente, non tutto andò per il verso giusto, se per tre o quattro domeniche puntualmente arrivarono delle sonore batoste. Nella trasferta successiva si pensò di sostituire la carne con una più modesta fetta di mortadella, che sortì l’effetto voluto, trasformando la squadra, evidentemente meno appesantita, in una compagine agguerrita che si impose per 3-0 sull’ avversario. Il commento del presidente fu laconico e senza possibilità di replica: «Da oggi in poi solo mortadella !». La gestione Di Brizzi, dopo una serie di buoni campionati di IIª categoria, terminò nel 1977 con il passaggio del testimone al prof. Cavallone Giuseppe, il quale assolse il suo compito fino al 1978, anno in cui vi fu per la prima volta la rinuncia all’iscrizione a qualsiasi campionato. Questa assenza fu di breve durata, perchè nel 1979 fu fondata una nuova società, chiamata A. C. Sassano, il cui Consiglio direttivo era formato da dieci soci, tra cui il presidente Giovanni Ferro e l’allenatore Cardamone Alessandro.
Il primo campionato di IIIª categoria fu portato a termine vittoriosamente grazie ad una lunghissima serie di successi . Buoni furono anche i successivi tornei di IIª categoria con piazzamenti onoevoli nelle posizioni di testa e con il lancio nel calcio professionistico di serie C di Laureana Gennaro, talentuoso difensore locale. Nel 1983 rileva la società Gianni Calandriello, proprietario di una fabbrica di scarpe, il quale si presenta promettendo mari e monti e dando l’illusione di poter far compiere alla squadra un salto di qualità. Il tutto ben presto si rivela un bluff di vaste proporzioni ed egli, dopo un anno di stenti, è costretto a defilarsi. Si riforma una nuova cordata che comprende anche il sindaco Gaetano Arenare ed alcuni assessori, cui si aggiunge in seguito Giovanni Ferro, che ritorna a coprire la carica di presidente.
Nel giro di 4 o 5 anni sotto la direttiva tecnica del mister Cammarano Giovanni si raggiunge nel 1989 di nuovo la promozione in Iª categoria, torneo dove 1’ A. C. Sassano è restata per una sola stagione. Intanto i quadri dirigenziali, anno dopo anno, si assottigliano, finchè non rimane che il solo presidente, il quale, nonostante tutta la buona volontà, non riesce a sopportare ancora per molto il peso economico ed organizzativo che richiede l’amministrazione della società.
E siamo, così, al 1993, anno di battesimo dell’attuale C. R. A. Sassano, che rileva parte del parco giocatori della vecchia gestione e, nello stesso tempo, ricostituisce quello che è il necessario serbatoio per ogni società che si rispetti: il settore giovanile. La tradizione, che vuole la nostra come terra di ottimi calciatori, è salva e, chissà se qualche piccolo campioncino non sgambetti già sul vecchio terreno del San Giovanni.